Massimo Franchini intervista Vismara

06.07.2015

Intervista di Massimo Franchini ad Alessandro Vismara

 

Ciao Alessandro, devo dire “il” Vismara o “la” Vismara?

Se intendi chiedermi se, secondo me, conta più l’uomo o l’azienda, ti rispondo che sono ovviamente necessari tutti e due. Quello che conta è dosare gli ingredienti e tenerli in equilibrio.

 

Hai capito benissimo. E allora vediamoli questi ingredienti della tua ricetta per un’azienda di successo.

Tu sai che io sono, prima di tutto, un progettista. Quello che devi sapere è che intendo questa qualifica nella sua accezione più ampia. Io non progetto solo barche, carene, piani velici, a me piace immaginare il futuro e cerco di farlo, partendo dal passato, studiando a fondo il presente e poi lasciando andare la fantasia per forzare un po’ la realtà fino a crearne una nuova, qualche volta inaspettata.

 

Questo l’ho notato e probabilmente non sono il solo a considerare “i” Vismara delle barche sempre all’avanguardia. Ma parlami della Vismara. Articoli determinativi a parte, porta il tuo nome, tu l’hai fondata e tu l’hai gestita finora. Consideri questo un modello organizzativo valido e adeguato ai tempi?

Prima di tutto precisiamo che, anche se io sono la faccia pubblica di questa azienda, la stessa è nata nel 1984 come Marine Service e, da sempre, si è avvalsa dell’opera insostituibile di collaboratori e partner fantastici come Maurizio Fattori e Davide Valesi, che oggi gestiscono i due temi del refitting e delle nuove costruzioni, Giancarla Bombieri e Mariangela Martinelli, ma anche Massimo Vassalle che, dopo le esperienze in Coppa America e nei cantieri Southern wind e Swan, oggi è di nuovo in Vismara; tutti, restando dietro le quinte, mi hanno permesso di superare piccole e grandi crisi, correggendo errori, gestendo situazioni molto complesse e riportandomi sulla terra tutte le volte che io, inguaribile ottimista, mi lasciavo trasportare dai sogni. E poi c’è l’altro pilastro del tempio, i clienti: armatori appassionati, competenti e coraggiosi. I primi, in particolare come Renzo Piano e l’architetto Spadolini, solo per nominarne alcuni, che senza battere ciglio hanno messo nelle mie mani, sogni, aspettative e… i loro soldi, dandomi fiducia su progetti anche “avventurosi”.

 

Sì, ma l’azienda, la Vismara, in cosa consiste dal punto di vista delle strutture?

Paradossalmente il successo iniziale della Vismara è dovuto anche alla sua “leggerezza” strutturale in quanto io sono sempre stato convinto che il software conti molto più dell’hardware e ho dato molta più importanza alla competenza, alla ricerca, ai rapporti fra le persone, all’interno e all’esterno dell’azienda e al network di relazioni che questo genera, che ai capannoni e ai macchinari. Per questo abbiamo deciso, da subito, di basarci a Viareggio dove, oltre al porto, alle banchine e ai piazzali, si trova un indotto e una cultura diffusa e radicata dello yachting ad altissimo livello, ben conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

 

Oggi però, quello che vedo, non è esattamente, un piccolo laboratorio sul porto. Cosa è successo per farti cambiare idea e investire nel “gioiello” produttivo in cui ci troviamo?

Nessun cambiamento di idee. In realtà, da quando, all’incirca nei primi anni 2000, la nostra attività produttiva ha preso il sopravvento su quella commerciale e consulenziale, abbiamo dovuto fare i conti con oggettivi problemi logistici tipici di un’attività che movimenta “articoli” molto voluminosi e complessi come le barche e, ancora una volta, abbiamo deciso di guardare avanti, realizzando un’unità produttiva dove chiunque – maestranze, tecnici e clienti – si trovassero a loro agio, dove tutto funzionasse senza intoppi e che “garantisse” ai nostri clienti che diventavano ogni giorno più numerosi, esigenti e internazionali, che oltre alle idee avevamo anche le “gambe” per correre e raggiungere i traguardi, sempre più ambiziosi, che loro stessi ci imponevano.

 

Domanda d’obbligo. Cosa è successo alla Vismara dopo il 2008. Come avete affrontato la madre di tutte le crisi? Non ti sei mai pentito di esserti strutturato perdendo inevitabilmente flessibilità?

Sai come si dice: con i se e con i ma non si fa la storia. Quello che abbiamo fatto era quello che dovevamo fare, quindi nessun rimpianto e nessun pentimento. Certamente sono stati anni durissimi dove i problemi quotidiani e la lotta per la sopravvivenza hanno condizionato moltissimo le nostre scelte e la vita dell’azienda. Ciò nonostante non abbiamo mai smesso di guardare avanti. Di proporre cose nuove. Sono nati in questo periodo progetti come il Vismara V50 K9 sviluppato insieme all’Architetto Spadolini, il Vismara V80 Luce Guida, anche in questo caso frutto dell’incontro con armatori appassionati e Luca Dini, che ne ha curato gli interni, ed ancora il Vismara V50 Hybrid, una barca con propulsione ibrida elettrica e a combustione, il Vismara V34 E-Power, in questo caso la propulsione è un rotore nella chiglia… In fondo è stata proprio l’abbassamento della pressione sui progetti in corso che ci ha permesso di mettere in cantiere idee che, fino ad allora, per mancanza di tempo, avevamo lasciato nel cassetto.

 

Ne parli al passato. Come se vi foste lasciati dietro alle spalle i problemi. Se vuoi ci credo ma ti confesso che un dubbio mi rimane.

Magari! In effetti non siamo assolutamente fuori dalle secche. La differenza fondamentale, rispetto agli ultimi cinque anni, sta nel fatto che, oggi, a fianco dei problemi di tutti (mancanza di un portafogli di ordini a lungo periodo, ristrettezze finanziarie, clima politico medievale, scomparsa del mercato nazionale, solo per accennarne qualcuno) abbiamo le soluzioni. In particolare abbiamo finalmente un partner finanziario che non si limita a staccare qualche assegno per pagare i debiti ma progetta assieme a noi il futuro e ha una visione lucida e una grande capacità di analisi degli scenari internazionali. In sostanza, pur essendo ancora incagliati nello scoglio italiano vediamo la marea crescere e siamo pronti a riprendere il largo.

 

Me ne rallegro e ti chiedo: Perché, secondo te Europa Investimenti ha scelto la Vismara fra le innumerevoli opportunità che il mercato offre a quei, oggi pochissimi, investitori che ancora guardano alla nautica come opportunità di business?

Permettimi una battuta immodesta: innanzitutto perché qui ha trovato “il” Vismara. Più concretamente perché hanno visto che l’azienda è stata sempre presidiata. Sia io che i miei collaboratori non abbiamo mai tirato i remi in barca e, mentre combattevamo in trincea per non essere sepolti sotto le macerie, continuavamo a progettare, a girare il mondo, a tentare di leggere il futuro e questo semplice fatto (forse) ci ha consentito di avere un futuro.

 

Bene. Allora prova a spiegarmi qual è questo futuro che immagini.

Intanto ti dico quello che è già successo e che sicuramente succederà a breve, in quanto fa parte di un progetto in via di realizzazione: abbiamo in cantiere un bellissimo progetto molto articolato che abbiamo chiamato Vismara Preta-porter. Presenteremo 3 barche nei prossimi mesi figlie di questo progetto, le prime due sono a vela e sono frutto dell’ingegnerizzazione di due modelli custom che stiamo varando in questi giorni, un 62’ e un 50’. L’idea è mettere a disposizione di chi naviga per divertimento tutte le soluzioni collaudate sviluppate in più di 30 anni di esperienza sul campo con i nostri armatori. Oggi il mercato chiede oggetti affascinanti con soluzioni innovative ma affidabili. Per questo abbiamo fatto uno sforzo di ingegnerizzazione di tutti i componenti per poterli rendere affidabili e replicabili, come dire: pronti all’uso! Questo ci serve anche per aprirci alle opportunità che ci sono fuori dai confini nazionali con più forza. E poi tante altre cose come il Refitting evoluto, aperto a tutti e non solo a Vismara e Baltic Yachts, i servizi per i nostri armatori, la Vismara Sail Academy

 

E dopo, andrai in pensione?

Sì, magari in montagna in una baita senza corrente elettrica, domotica, carbonio, wi-fi, lontano da pinne basculanti, alberi rotanti e dove gli unici profili alari sono quelli delle aquile che, pur non sapendo perché, veleggiano senza sforzo ad altezze incredibili, belle come un clipper a vele spiegate.

(intervista apparsa sul numero di giugno della rivista Nautica)